Lietta Morsiani
è nata ad Imola, dove vive ed opera.
Importante per la sua formazione artistica, in campo pittorico, è stata,
oltre alla pratica fatta presso gli atelier di noti artisti bolognesi, la
frequenza presso l'Accademia di Belle arti di Bologna, prima nella Scuola
libera del Nudo, poi del corso di pittura del prof. Venturelli.
I dipinti sono eseguiti esclusivamente ad acquerello e raramente a
tempera.
Tra
gli altri hanno scritto di lei:
Lido
Valdrè (Sabato Sera 14/04/90)
" ... L'impatto con gli acquerelli di Lietta Morsiani
è di stupore: grandi quadri bianchi, soffusi di macchie e sfumate, dove
le immagini emergono come se venissero da lontano e prendessero forma
lentamente allo sguardo...
C'è il senso dell'immersione nella trasparenza. L'uso rigoroso
dell'acquarello non è soltanto una tecnica ma una visione del mondo... E' una pittura, quella di Lietta Morsiani (anche nei
paesaggi) in cui mi sembra di poter cogliere i simboli
dell'interpretazione femminile del mondo."
Ode
all'Amore - acquerello
Monica
Ravasini (Resto del Carlino - Ferrara 20/04/1989)
"...Le figure di Lietta sono caratterizzate da un nucleo ben
delineato attorno al quale il disegno si scioglie attraverso il gioco
magico dei colori ed oltrepassa il confine della forma, svincolandosi dai
limiti dello spazio ed esaltando maggiormente l'idea di essenza che non
quella di materia ..."
Paolo
Zauli (Praxis Artistica 1992)
"... Nell'acquerello è facile inumidire leggermente un foglio e
lasciare il colore espandersi a piacere suo e a volte condurlo in
libertà. Il difficile non è tanto saperlo guidare, quanto saperlo
imprigionare nei propri specifici coinvolgimenti. Lietta Morsiani riesce
in quest'intento... Questo non è un colorare alberi o case
seppur belli, ma è l'immagine dipinta di un pensiero carico di emozione e
strutturato nella sua reale essenzialità."
Miche
Fuoco (1994)
"... La scelta dell'acquerello non è casuale.
L'artista intende sottoporre ad alleggerimento ogni traccia di realtà.
L'oggettività, mai infranta, rimane come impressione, si offre ad una
composizione immateriale, ad una musicalità che dilata e dipana
fluidamente la dolce trama narrativa. ..."
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Dagli inizi degli anni '90 l'artista si dedica anche alla scultura con produzione
di opere in terracotta e scolpite su gesso.
Negli ultimi
anni Liè ha prodotto in prevalenza sculture in terracotta, in gesso o
pietra. I suoi maestri sono stati gli scultori Mauro Mamini Ferucci e
Guido Mariani.
Intensa
l'attività espositiva in Italia e all'estero, dapprima per la pittura poi
per la scultura che le ha valso, tra l'altro, il primo premio per il
progetto VIROM del Comune di Ozzano dell'Emilia.
Paola Bacchi (2004)
"... Lietta Morsiani continua
incessante, con le sue opere piene vuote, dense emateriche-perforate e
attraversate dall'aria, la ricerca non solo della sua identitàdi artista
cui urge il gesto creativo, marimanda con insistenza al concetto stesso
che sta alla base di tutto: Ogni cosa dalla più piccola alla più
grande, per esistere deve contenere una dualità.."
Ezzis Pierangela (2006)
"... Liè... scava all'interno della
figura, ne toglie una parte di anima per liberarla. Crea dei solchi per
evidenziare la posizione di un occhio, la muscolatura di una gamba, spunta
un seno improvviso. La parte interna diventa la parte esterna. Sono figure
che cercano l'altra metà. Sono interrotte, spezzate, per riunirsi..." .
Prof. Franchino
Falsetti(2008)
"...E'
un'artista che tende a coniugare la pittura e la scultura in una unica
processualità ideativa. le sue sculture di terracotta o in semirefrattario
ed i suoi tenui acquarelli sembrano ri-proporre un'unica tensione
creativa: la ricerca di nuovi simboli, di nuove identità per rompere
l'immobilismo e l'insensibilità dell'odierna cultura sempre più deprivata
e condizionata nelle sculture, senza volti, si coglie, la forza
dell'energia vitale che agita l'uomo nella sua consapevolezza
dell'abbandono e nella sua ricerca di nuove spiritualità, di nuove
essenze, che facciano nuovamente ascoltare il suono interiore delle cose,
dei colori, delle forme e della materia..."
j
Antonietta Grossi (2012)
“...le sue donne in terracotta creano una mescolanza non solo nelle argille naturali di cui sono composte, ma pure nei sentimenti e nelle riflessioni di cui ci nutriamo …donne piene di passione, passione per la vita con l'impulso prevalente all'analisi interiore.”
Giovanni Scardovi (2012)
“.........L'immagine plastica nella sua levigatezza sensuale, si enuncia qui in un turgore che termina in uno squarcio , in una corruzione materica fondante una congiunzione di opposti tra sensualità e dissoluzione della forma.”
Silvana Bissoli (2012)
“ ...Queste donne così lacerate nella loro perfezione estetica ci rimandano alla ricerca dei valori morali universali ed insiti in ciascuno di noi , anche se a volte camuffati da maschere e corazze che Liè ci invita a rompere, a romperle come ha fatto lei ...” |
Angelamaria Golfarelli ( 2016)
... Le sue sculture … rubano alla Terra la materna progenie ma si spaccano e si aprono al mistero come dee dilaniate dai loro stessi ed immortali vincoli (dubbi), in un'offerta di un femminile combattuto fra l'atavico pregiudizio della fragilità e la complessa convinzione di una forza troppo spesso omessa, che invece è reale e concreta. L'arte di Lietta quindi affonda la sua essenza nelle profonde contraddizioni del nostro tempo, che però “risolve” con una plasticità sapiente capace di iniettare nella materia quell'anelito di vita che le sue donne assumono…
Aldo Savini (2017)
Le ferite dell’anima
La statuaria, e più in generale la scultura, è l’arte propria del classicismo che a periodi ritorna come estetica dominante nel percorso storico dell’arte occidentale. Se i suoi caratteri distintivi sono l'ordine, l'armonia, l'equilibrio, la proporzione e la compiutezza, indubbiamente le opere di Lietta Morsiani si collocano sul fronte opposto, ovvero dell’anticlassicismo, con qualche tangenza con il surrealismo. Il soggetto ricorrente è il corpo femminile: si presenta come un reperto che emerge non da uno scavo del passato ma dell’attualità presente, le cui ferite ne pregiudicano l’integrità formale. Sono immagini frammentate, mutilate, attraversate da crepe e da vuoti che stimolano l'immaginazione a interrogarsi sulle parti mancanti. Già il materiale usato, la terracotta non levigata che conserva la porosità tattile della superficie, allude alla pelle nella sua nudità ruvida e corrosa, tale da sprigionare una forte carica sensuale ed erotica. Tuttavia, sembra che trattenga i segni di una profonda sofferenza riconducibile nella rincorsa verso il piacere e la stabilità allo scarto tra desiderio e godimento. I rimandi alla sfera dell’interiorità ispirano profondamente la sua poetica pervasa dalla consapevolezza della precarietà della condizione esistenziale e dell’instabilità dell’identità personale, sistematicamente minacciata, così alla forza fa da contrappeso la fragilità, e i lacerti e i brandelli in contrasto con i volumi plastici ne sono la testimonianza.
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